La differenza tra trasformazione digitale e digitalizzazione: come saltare i fossi per il lungo.
Ho iniziato a lavorare più o meno quando Facebook ha iniziato ad avere successo in Italia.
Ricordo che il mio capo mi raccontava del primo computer d’agenzia: aveva insistito per averlo e quando finalmente era arrivato, era stato posizionato in corridoio, in modo che tutti potessero provarlo. Quel computer è rimasto a lungo pressoché inutilizzato. Solo lui, di tanto in tanto lo accendeva e quello: “C:/>_”. Insomma, non è stato subito .ppt e .pdf, figuriamoci .psd: per un bel pezzo sono andati avanti a lucidi e schizzi su carta da disegno Fabriano.
Ecco, da allora ne è passata di acqua sotto i ponti, il sogno visionario di Bill Gates “un computer su ogni scrivania e in ogni casa” è pressoché realtà, ma questa è trasformazione digitale o semplice digitalizzazione? “Dipende” è la risposta (“dipende” è sempre la miglior risposta quando si parla di cose che non si conoscono bene). 🙂
Ripartiamo dalla digitalizzazione, che è facile
Adottare strumenti digitali è relativamente semplice: basta saper scegliere tra le infinite diavolerie elettroniche e software quelle più utili alle proprie necessità. Tutto qui.
Attenzione però: si può essere dotati di tecnologia, ma se “per sicurezza facciamo sempre una copia da archiviare”, ecco che la trasformazione digitale subisce una forte battuta d’arresto.
La trasformazione digitale è, prima di tutto, una mentalità
Perché un’organizzazione possa essere considerata digitale, le persone che ne fanno parte devono farla propria. Accettarla, riconoscerle il merito, imparare a sfruttarla a proprio vantaggio.
Perché – se usata con criterio – la tecnologia altro non è che un modo di rendere più facili e umane le nostre vite, come si legge nel manifesto della società 5.0 (è interessante, date un occhio!).
In effetti, passato il primo sconcerto, grazie a quel computer il mio capo ha trovato il tempo per imparare a fare i maki.
Il caso Momit
Momit è nata paperless: non abbiamo stampanti né scanner e abbiamo organizzato il nostro lavoro in modo tale da poter dematerializzare tutte le informazioni, fatture e contratti inclusi (se siete a caccia di consigli, per la gestione amministrativa usiamo i software di Teamsystem).
Andiamo fieri di questa scelta, che oltre ad essere etica – ve lo assicuriamo – è anche molto comoda.
Oltre a questo non abbiamo una sede. Sì avete capito bene: Momit non ha un indirizzo fisso, solo sedi occasionali per i nostri incontri mensili o con i clienti. Questo consente a tutti noi una maggiore flessibilità nel lavoro e ci ha permesso di adottare una struttura meno gerarchica, più orientata agli obiettivi e alla responsabilità. Il vero smartworking, molto prima del 2020!
L’anno passato ha dimostrato a tutti come sia possibile introdurre abbastanza facilmente nuove modalità di lavoro in gran parte delle aziende, certo, tenendo conto delle caratteristiche tipiche e intrinseche a ciascuna. Ora sarebbe il momento di rendere alcuni cambiamenti duraturi e strutturali per diventare definitivamente più snelli, agili e smart.
Quando la trasformazione digitale trasforma davvero le cose
Il digitale oggi è in una fase davvero matura e possiamo senza ombra di dubbio dire che il prossimo passo sia andare oltre: smettere di costringere strumenti nuovi a fare cose vecchie e immaginare per loro applicazioni in grado di rivoluzionare l’ambiente in cui sono inseriti.
Ogni azienda meriterebbe un pensiero a sé, ma volendo generalizzare, gli ambiti in cui la nuova mentalità digitale dovrebbe essere applicata sono i processi di lavoro e le necessità dei target.
I processi
L’automazione può alleggerire alcuni lavori e creare catene più virtuose ed efficienti.
È il caso di dirlo: l’obiettivo è il massimo risultato con il minimo sforzo (anche economico)!
La raccolta dei dati
Al contrario del mio ormai famoso capo, io sono negata con i numeri, quello che però è chiaro persino a me è che perseverare nell’errore è diabolico. La digitalizzazione consente di raccogliere dati e mettere in evidenza errori e soluzioni possibili. È un po’ come dire che esiste la formula della perfezione!
Le persone là fuori: il “target”
Gli strumenti digitali possono aiutare a capire le persone e tracciarne abitudini e desideri. Su questo però sarò tranchant: non per vendere di più, ma per offrire esperienze migliori, al passo con i tempi, solo se necessario iper-personalizzate.
Occhio che loro, là fuori, sono avanti e se lo aspettano!
Vecchio business, nuove modalità
Siamo proprio sicuri che al prodotto di ieri non si possa aggiungere un servizio digitale?
Un esempio: Philips e le sue lampadine smart.
Back to basics
Tecnofobici come me, voglio lasciarvi a questo punto con una pillola di ottimismo: tutto questo, presto o tardi, evolverà e muterà fino a diventare normale e facile.
Ve lo dimostro: un giorno il mio capo ha provato a raccontarmi la fantastica storia della posta pneumatica, una chicca tecnologica del secolo scorso, soppiantata prima dal fax e poi dall’email. Io credevo mi prendesse in giro: davvero troppo, troppo complicato, ma chi se l’era inventata!?
Lasciate tempo al tempo!