Data Center green, quando i byte salvano l’ambiente
Si può parlare di data center green con migliaia e migliaia di computer perennemente in funzione? E con essi schede, microchip e ventole di raffreddamento. E ancora monitor, router, centraline.
L’utilizzo dei dati, ma anche la loro mera conservazione, determina un consumo energetico notevolmente elevato.
Sono proprio i data center, dove tali dati vengono custoditi, a consumare quantitativi enormi di energia elettrica. La sfida maggiore è ridurne i consumi, aumentandone l’efficienza energetica.
Nel mondo esistono numerosi esempi di data center ideati proprio per essere sempre più green; è il caso dei server raffreddati ad acqua di casa Google, ma anche di alcuni data center italiani – ancora pochi. Ciascuno di questi esempi rappresenta una sintesi di buone pratiche che puntano a ridurre l’impronta ecologica, rendendola quanto più possibile ecosostenibile.
Il “fabbisogno energetico” dei dati
Per capirne di più va analizzato il fabbisogno energetico mondiale di dati, archiviazioni, elaborazioni: un fabbisogno crescente che si traduce in incremento dei consumi energetici e che, pertanto, contribuisce inevitabilmente al surriscaldamento globale.
L’impatto ambientale è dunque rilevante perché, come confermato da uno degli ultimi rapporti Cisco, la quantità di dati prodotti dalle applicazioni e dalla necessità di poter usufruire di spazi cloud per l’archiviazione crea trilioni e trilioni di byte ogni anno.
Non a caso, il mercato riguardante il raffreddamento degli edifici in cui sono custoditi i data center è in crescita. Un mercato che nel 2021 aumenterà di 14 miliardi di dollari: i data center, secondo un calcolo effettuato dai ricercatori, utilizzano 200 terawattora (TWh) all’anno. Un consumo energetico superiore a quello di alcuni singoli Paesi.
Ma quanto inquinano questi dati?
Purtroppo, a tali consumi corrisponde anche lo 0,3% delle emissioni globali di carbonio. E visto che è in crescita l’utilizzo di dati, nel 2030 l’utilizzo dell’elettricità nei data center decuplicherà, raggiungendo l’8% della domanda mondiale. Stando alle previsioni, appena dieci anni più tardi, nel 2040, il consumo corrisponderà al 14%.
Secondo i calcoli dell’artista e ricercatrice Diana Moll, una singola ricerca sul motore Google produce 10 grammi di anidride carbonica. Cumulativamente, produciamo circa 500 kg di C02 al minuto. Se non ci credi, verifica tu stesso!
Oggi, in piena crisi sanitaria, è notevolmente aumentato l’utilizzo di dati, nonchè dei data center. Basti pensare alla didattica a distanza per le scuole o allo scambio d’informazioni nel mondo sanitario. Più dati, più energia elettrica, più riscaldamento dei data center.
Tecnologia sostenibile? È possibile seguendo una serie di best practices
La questione ambientale è di strettissima attualità. Rendere ecosostenibili i data center deve essere la missione dell’imminente futuro: i server sono continuamente in funzione e, oltre a consumare energia, producono temperature elevatissime che devono essere raffreddate opportunamente per evitare danni irreversibili. Per fortuna, qualcuno è già entrato in missione!
Switch
Switch, leader mondiale nella produzione di data center negli impianti del Nevada, utilizza esclusivamente energia rinnovabile al 100%.
Facebook e Google
Stessa cosa fa Facebook per il suo data center Papillion. Google ha invece optato per l’intelligenza artificiale, riducendo i consumi del 40% e migliorando l’efficienza energetica.
Nella sua sede in Finlandia, il leader mondiale della ricerca online utilizza la fredda acqua del mare per ridurre le temperature del suo data center.
Microsoft
Un altro gigante come Microsoft ha puntato invece su progetti di compensazione del carbonio con interventi ambientali in alcune foreste.
Sempre Microsoft ha anche avviato un progetto sperimentale nel Nord della Scozia che prevede un data center immerso sott’acqua per operare a temperature molto basse.
E in Italia?
Se da più parti s’invitano tutti gli Stati a legiferare in modo collegiale per poter contare su regole comuni e condivise, in Italia si lavora a un progetto che riguarda la pubblica amministrazione con l’idea di creare un “polo strategico nazionale”. L’obiettivo è quello di centralizzare la gestione dei data center che ospitano dati relativi a energia, trasporti, flussi bancari, fornitura dell’acqua ma anche infrastrutture digitali.
Sempre in Italia, c’è anche chi utilizza impianti di raffreddamento geotermici abbinati ad energia proveniente da fonti di origine certificata. O ancora, come nel caso del data center OOGate, chi ha scelto il legno come materiale primario e l’utilizzo di impianti fotovoltaici. Una serie di accorgimenti che hanno portato alla possibilità di azzerare quasi del tutto le emissioni e generare surplus energetico.
Ma quando un data center è davvero green?
Un modo per “misurare” quanto è green un datacenter esiste: si chiama “Pue” – Power Usage Eectiveness – ed è il parametro che ne analizza e definisce l’efficienza energetica.
Si parte dal calcolo dell’energia utilizzata per l’alimentazione dei vari apparati attivi e di quello dei servizi ausiliari (impianti di climatizzazione, videocamere di sorveglianza, sistemi di controllo). Il rapporto tra l’intero consumo di energia prelevata dal data center e quello del consumo degli apparati informatici corrisponde all’indice Pue.
Più il Pue è basso, più il data center è green.
L’attuale Pue migliore al mondo è di 1,03 ed è del data center sperimentale di Microsoft. Anche un altro data center ubicato in un campus in Islanda gode di un ottimo indice Pue; chiaramente, le condizioni ambientali hanno offerto un sensibile vantaggio rispetto ad altre realtà.
Perché scegliere un data center green?
La scelta di un data center green non è solo una scelta etica volta al rispetto dell’ambiente, ci sono notevoli vantaggi economici: un’infrastruttura che ha meno sprechi potrà offrire anche prezzi migliori ai propri clienti.
Inoltre, i sistemi con cui sono costruiti questi data center richiedono meno manutenzione. Moderni ed efficienti, possono offrire un servizio di piena continuità e con uptime garantito, come nel caso dei data center Tier IV – il cui uptime è del 99,99%.
La scelta di Momit: Supernap Italia
Ed è questo anche il caso di Supernap: con i suoi data center nel mondo, Italia compresa, ha puntato tutto sulle nuove tecnologie e sull’ecosostenibilità, divenendo il data center più green del globo grazie al totale rispetto di una serie di parametri.
Ecco perchè Momit ha scelto come base operativa proprio il data center di Supernap Italia, alle porte di Milano.
La scelta di essere green è davvero vincente quando si tratta della tecnologia di Switch. Fin da subito Supernap Italia ha utilizzato energia proveniente al 100% da fonti rinnovabili, con garanzia di origine, e avviando una gestione efficace dell’impianto di raffreddamento.
Sostenibilità in Supernap
Supernap utilizza un sistema di aerazione composto da un corridoio caldo, completamente isolato, che grazie a percorsi dedicati traporta il calore verso un’area di contenimento eliminando così ogni possibile dispersione.
L’infrastruttura ha anche in dotazione unità Hvac. Tali unità sono progettate per adattarsi alle esigenze di densità di energia, offrendo massimi livelli di sostenibilità.
I sistemi di raffreddamento sono invece basati su mix di tecnologie che variano: dal semplice scambio di aria fra ambiente interno ed esterno a sistemi di raffreddamento ad acqua – poi raccolta e rigenerata. Per sfruttare l’energia solare vengono inoltre utilizzati pannelli fotovoltaici.
Con un Pue di 1.08, Supernap Italia ha ottenuto tutte le più importanti certificazioni ambientali: Iso50001 per la gestione energetica, Iso14001 per la gestione ambientale.
Supernap è anche parte attiva all’interno dell’European Code of Conduct on Data Centre Energy Efficiency, che certifica le migliori pratiche di efficienza energetica.
Momit è orgogliosa di aver trovato casa all’interno di Supernap, potendo offrire ai propri clienti un servizio non solo performante con un 100% di uptime garantito, ma anche alleato dell’ambiente.
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